Oggi vogliamo parlare di un Grande personaggio della Pallavolo mondiale…. Julio Velasco ,non è stato solo l’allenatore della generazione di fenomeni, ma anche un maestro al quale ispirarsi, dentro e fuori dal campo, noi della PGS ARDOR abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e di assistere ad una sua lezione …. .era il 27 novembre 2015 al PALAFERRARIS di Casale Monferrato …. una serata indimenticabile per chi ama la pallavolo e non …. abbiamo voluto mettere qui sotto alcune delle sue frasi più celebri……
1 – Vittoria e sconfitta
«Chi vince festeggia, chi perde spiega».
2 – La cultura degli alibi
«Non riuscire a superare le difficoltà porta alla cultura degli alibi, cioè il tentativo di attribuire un nostro fallimento a qualcosa che non dipende da noi. Ho conosciuto centinaia di atleti. Alcuni vincenti, altri perdenti. La differenza? I vincenti trovano soluzioni. I perdenti cercano alibi».
3 – Gli schiacciatori e l’alzata
«Gli schiacciatori continuano a parlare dell’alzata e io mi innervosisco. Sono esperti dell’alzata, sanno tutto. Uno li trova al bar e quelli stanno parlando degli alzatori. Allora, io voglio attaccanti che schiacciano bene palloni alzati male. Gli schiacciatori non parlano dell’alzata, la risolvono».
4 – Il ruolo dell’allenatore
«Uno non è un grande allenatore quando fa muovere i giocatori secondo le proprie intenzioni, ma quando insegna i giocatori a muoversi per conto loro. L’ideale assoluto avviene nel momento in cui l’allenatore non ha più niente da dire perché i giocatori sanno tutto quello che c’è da sapere».
5 – La colpa dell’elettricista
«L’attaccante schiaccia fuori perché la palla non è alzata bene. A sua volta l’alzatore non è stato preciso per colpa della ricezione. A questo punto i ricettori si girano a guardare su chi scaricare la responsabilità. Ma non possono chiedere all’avversario di battere facile, di modo da ricevere bene. Così dicono di esser stati accecati dal faretto sul soffitto, collocato dall’elettricista in un punto sbagliato. In pratica, se perdiamo è colpa dell’elettricista».
6 – Il leader deve essere sé stesso
«Quello che non funziona, soprattutto con i giovani, è chi vuole essere ciò che non è. Perché gli altri se ne accorgono subito, cominciano a grattare, scoprono che sotto la superficie non c’è sostanza e ci ridono dietro. Non è detto che il leader debba essere per forza un duro. Io lo sono, ma conosco grandissimi allenatori che hanno un altro modo di approcciarsi ai giocatori con gli stessi risultati».
7 – La differenza tra maschi e femmine
«Quando noi parliamo di sfida, ne parliamo sempre nella versione maschile. Ma uomini e donne funzionano in modo diverso. Il ragazzino talentuoso prova la giocata più difficile. Prova ad attaccare nei due metri. E quando ci riesce alza le braccia per esultare, anche se prima ha tirato dieci palloni fuori. Noi maschi siamo così. Quando ho allenato le donne mi è capitato di dover dire: «Provate, anche se sbagliate». Coi maschi non l’avrei mai detto, altrimenti sarebbe stato il disastro».
8 – Imparare a perdere
«Sono orgoglioso della squadra che ha vinto Mondiali ed Europei, ma sono altrettanto orgoglioso della squadra che ha perso le Olimpiadi di Barcellona. Per un motivo: perché abbiamo saputo perdere. Non abbiamo dato la colpa a un qualche fattore esterno. Abbiamo riconosciuto che l’avversario era stato più bravo di noi, punto e basta».
9 – L’importanza di essere giusti
«Il leader deve essere giusto. Pensiamo ai professori che abbiamo avuto a scuola. Ci sono stati professori esigenti, duri, che non perdonavano. E noi protestavamo, gli parlavamo dietro, ma mai con odio. Perché erano duri con tutti. Odiavamo quelli che avevano le preferenze, quelli ingiusti».
10 – Brave e cattive persone
«Ai giovani io dico: voi dovete cercare di vincere il più possibile, ma non credete a chi dice che il mondo si divide in vincenti e perdenti. Io credo che il mondo si divida soprattutto tra brave e cattive persone. Poi tra le cattive persone ci sono anche dei vincenti, purtroppo. E tra le brave persone ci sono, purtroppo, anche dei perdenti».